PRIVACY

Questo blog utilizza cookies, anche di terze parti, per tracciare alcune preferenze dei visitatori e per migliorare la visualizzazione. Navigando acconsenti al loro uso. Qui puoi leggere l'informativa completa. No, voglio uscire.

mercoledì 16 giugno 2010


Graziano Gattone

Io odio gli alberi. Odio la corteccia le radici e i rami, le foglie, le gemme, le infiorescenze, i frutti e il verde melograno a cui tendevi la pargoletta mano. Stanno lì, fermi; spesso rovinano il paesaggio, nascondono il bello e a starci sotto ti può cascare in testa una pigna o un cocco. Tutti assieme coprono il cielo, fanno foreste invalicabili, umide muffose e vermose, strisciate da un brulichio fastidioso e volatile che pizzica, punge, a volte avvelena.
Gli alberi sono pericolosi: ci vai a sbattere con la macchina e sono soldi e magari fratture o cassa da morto, ti ripari da un temporale e zac! un fulmine; ci fai sotto l’amore e zac! un figlio.
Senza alberi saremmo ancora lì, nel giardino dell’Eden: dove cazzo si prendeva la mela senza melo?
Magari una volta, ma oggi…
Per l’ombra ci sono gli ombrelloni, i padiglioni, le tensostrutture. Ci si può sbizzarrire: leggerezza, colori e fantasia. Il legno ormai è obsoleto, scomodo; non dà garanzie, è deperibile, instabile, anche brutto, non mentiamoci.
Il noce, l’ebano, il rovere, l’acero, il pino, per piacerci vengono sbiancati, colorati, drogati, strinati.
Plastica, laminati, cemento metalli cristalli, ecco il futuro delle case, del mondo.
E poi credetemi, gli alberi inquinano le menti!

1 commento:

Lascia un commento. Se riesci a stare in 42 caratteri, meglio. Se no fa lo stesso.